Eduardo Bruno con documentazione inoppugnabile,
con il rigore di Storico dell’Arte che lo contraddistingue
e per avere in gioventù lavorato come “mastro
scalpellino”, nel testo può affermare: non sappiamo
esattamente come siano andate le cose, ma la “ristrutturazione
della Chasa” (1432) e l’erezione della Cappella
Pazzi in Santa Croce, iniziata nel 1433, affidata
da “Messer Andrea” de’ Pazzi a Filippo Brunelleschi fa
propendere fortemente non solo per la ristrutturazione
della bottega in camera, ma per una trasformazione
in corso da “casa torre” in palazzo signorile. A nostro
sommesso avviso, questo è avvalorato dai marchi
nel bugnato rustico che sono preesistenti e più antichi
rispetto a quelli contrassegnati come più moderni
nella parte di allungamento successivo del palazzo in
via del Proconsolo e da una lesione verticale, proprio
in corrispondenza della vecchia “casa torre”.
Secondo un clichè ormai consolidato Jacopo Pazzi
viene accusato dal Poliziano di aver distrutto la casa
paterna e al suo posto anche secondo recenti studi
avrebbe costruito tra il 1458 ed il 1469 su progetto di
Giuliano da Maiano l’attuale palazzo Pazzi. La serrata
analisi stilistica e documentaria del tempo – afferma
Bruno nel testo – ci porta ad una diversa conclusione:
Jacopo non distrusse totalmente la casa paterna, ma la
ristrutturò ampliandola secondo il progetto brunelleschiano,
voluto da messer Andrea. L’ampliamento
del palazzo, per addizione modulare di due bifore e il
completamento della nuova tipologia di palazzo detto
“Fiorito”, inventata dal grande Brunelleschi, fu portato
avanti, dopo la morte del maestro(1446), da Giuliano
da Maiano e dai suoi fratelli che già lavoravano
alla cappella Pazzi sotto la direzione del Brunelleschi.

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I marchi sul Palazzo Pazzi
La sede massonica nella Firenze capitale
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